Il terminal container da Catania sarà spostato al porto di Augusta. E’ questa la “ricetta” del presidente dell’Autorità di sistema portuale del mare di Sicilia orientale Francesco Di Sarcina per far decollare, una volta per tutte, il porto megarese ed impedire che possa perdere la qualifica di “porto core” assegnatagli qualche anno fa dalla Comunità europea. Il numero uno dell’Autorità portuale, che da qualche mese ha accorpato anche il porto di Pozzallo, nel ragusano, ha illustrato lo stato dell’arte nei giorni scorsi ad un Consiglio comunale monotematico convocato dal presidente Marco Stella su richiesta di mozione presentata da sei consiglieri dell’opposizione e poi votata all’unanimità da tutto il consiglio, ribadendo che Augusta ha una spiccata vocazione nel settore delle rinfuse e dei contenitori, anche se ad oggi “forse una serie di cose non sono state messe in fila. Se venite al porto non è che si veda questa quantità di merci, per lo più c’è il grigio dell’asfalto”.
“Mentre a Catania abbiamo una superficie non espandibile di 10-15 mila metri quadrati a disposizione dei container e, quindi, il traffico non crescerà mai ad Augusta ci sono praterie da utilizzare. Quel traffico fatto da quegli operatori che hanno i contratti con i vettori qui si può moltiplicare – ha aggiunto Di Sarcina- Per fare questa operazione bisogna iniziare da qualcosa e partire da chi questo mestiere già lo fa, dargli lo spazio giusto e sperare che questo traffico cresca. Ho avuto cura di andare a parlare con importanti vettori mondiale se hanno interesse a portare qualche container e la risposta è stata positiva, c’è una ragionevole possibilità se spostiamo il traffico da Catania ad Augusta. Dopodichè dobbiamo migliorare tutto il resto, ma anche le ordinanze nostre, dobbiamo migliorare i tassi di occupazione di queste banchine anche sulla rinfusa”.
L’obiettivo è puntare ad un piano di riorganizzazione degli spazi che non sono, tutti, utilizzati al meglio e si sta ragionando con tutti gli operatori del porto: “perché il mio obiettivo è quello di farli lavorare, non di mandarli a casa a condizione che – ha proseguito- accettano il fatto che le cose devono cambiare perché altrimenti è inutile e lamentarsi. Il problema è che si deve fare entro la fine dell’anno prossimo, perché lo status di porto core come la Comunità europea ce l’ha dato così ce lo toglie, uno dei pilastri fondanti è il fatto di avere un terminal container e il binario ferroviario. Se e quando arriveranno gli ispettori a fine 2023 e non troveranno i contenitori che si alzano e si mettono nelle navi, vi posso assicurare che purtroppo nel 2024 non saremo più un porto core e probabilmente neanche sede di autorità portuale”.
Il vantaggio di questa operazione non è solo per lo scalo megarese che prende da Catania un terminal organizzato, ma anche che nel porto etneo si liberano quei 15.000 metri quadrati dove oggi ci sono i contenitori che potranno essere utilizzati per sistemare meglio i traffici traghetti “che vogliono continuare a funzionare a meraviglia. Ho richieste di aumento di traffico sul Catania per traghetti” – ha spiegato il presidente che ha invece bocciato l’ipotesi di un porto hub di transhipment. “Non l’avremmo mai – ha tagliato corto- il transhipment si realizza con un volume di contenitori pari ad almeno un milione di Teus l’anno, per avere un milione di euro l’anno qua ci dovrebbe essere un mercato interno siciliano che assorbe milioni di Teus e tenete conto che in questo momento in tutta la Sicilia ci saranno 120.000 Teus, quindi un decimo di quello di cui stiamo parlando oppure bisognerebbe avere la capacità di esportarlo verso altre parti d’Italia. In questo momento non è facile il trashipment, si dice così perché arriva una nave, scarica un contenitore, arriva un’altra nave, prende il contenitore e prosegue via mare. Ma il transhipment sta miseramente fallendo, anni fa l’Italia aveva a parte Genova e una piccola parte tutto piccola quota di La Spezia, il porto di Gioia Tauro, di Cagliari e di Taranto. Oggi sopravvive solo Gioia Tauro perchè Taranto e Cagliari sono falliti. Perché nel Nord Africa si stanno organizzando, sono stati aperti dei terminal di trashipment per cui vettori vanno lì perché il costo della manodopera è un quinto che in Italia e quindi l’operazione costano molto meno. Se Augusta avesse avuto la carta in regola 10 o 15 anni fa, probabilmente avrebbe potuto competere”.
Oggi per far decollare il porto “ci vuole un cura forte e decisa nelle scelte” e anche rapida, che potrebbe prevedere anche la realizzazione di un silos granaie per i frumenti in porto: “c’è un progetto fermo e sto pensando se vale la pena farlo, se mi vengono garanti i volumi di traffico. Le prime proiezioni direbbero di si, però ancora non ho deciso, anche se non è un numero per sostituire il petrolchimico. 10 mila dipendenti non li avremo mai al porto nemmeno se li metteremo uno accanto all’altro a fare i birilli”.
E’ stato, inoltre, commissionato uno studio per vedere se si può realizzare un grande hub di cantieristica di alto livello con grandi player internazionali visto che ad Augusta ci sono sia i cantieri della Marina militare che quelli privati che sono “una realtà che da grande lavoro e veramente importante che hanno forse l’unico problema, lo dico da non augustano, davano che si trovano all’interno del tessuto urbano”.
In concreto c’è pure il “cantiere che abbiamo sbloccato sin dai primi mesi in cui sono arrivato che realizzerà un nuovo mollo trapezoidale da 120.000 metri quadri. Lo completeremo entro marzo del 2026, sono iniziati i lavori, lì dentro ci abbiamo buttato tantissimo dell’avanzo di amministrazione. E’ importante farlo, confido che questa prima fase comincerà a stimolare la crescita degli operatori, che inizieranno a crederci e mi chiederanno di usare quel terminal che sarà un valore ulteriore di sviluppo insieme ad altre iniziative infrastrutturali che andremo a calare nel nuovo piano regolatore portuale, che stiamo disegnando e che naturalmente vi faremo vedere, anche se la norma non prevede più un passaggio in Consiglio comunale”.
Altro capitolo è l’efficientamento dei porti: “abbiamo i finanziamenti nei prossimi mesi partiranno i lavori per l’elettrificazione delle banchine per 90 milioni di euro tra Augusta e Catania, proverò a portare altre risorse, vediamo se il Governo sarà sensibile, da quando sono arrivato tra cantieri aperti e appalti in corso abbiamo investito tutti i soldi che abbiamo circa 300 milioni di euro”.
In mezzo a tutto questo per Di Sarcina che intende è fare degli aggiornamenti periodici su quello che accade “serve uno staff adeguato alle sfide, ho trovato un ufficio dimezzato c’erano dei concorsi in essere fermi che servivano a coprire la pianta organica costituti da circa 60 persone. È arrivato il momento di completare le assunzioni, partendo dalle 15 mila domande vanno esaminate, entro febbraio- marzo avremo la struttura completa e potremo andare al ministero per incrementarla ulteriormente perché i porti sono tre adesso e gestire tre porti non è una banalità” .
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